venerdì 30 ottobre 2015

In questi giorni, ho visto una donna di 62 anni prendersi cura di un uomo di 87, costretto in un letto d'ospedale.
L'ho vista imboccarlo come fosse un bambino, sbucciargli le mele più buone e portargli l'acqua alla bocca con amorevole cura; l'ho guardata inumidirgli le labbra, passargli un panno pulito su quella fronte di nonno che il tempo ha disegnato con la grafite delle sue storie; l'ho vista fare esercizio di pazienza davanti ai capricci e tirarlo su, con le sue braccia esili e il suo coraggio di donna, affinché stesse comodo dentro quelle lenzuola bianche di niente; l'ho osservata mentre parlava con i medici, tenendo dritte le spalle davanti alla diagnosi di una vita che rifugge da ogni fasulla certezza.
In questi giorni, ho visto una donna di 62 anni prendersi cura dell'uomo che le ha insegnato a guardare la linea d'orizzonte dall'alto delle sue spalle; che le ha montato le rotelle alla bicicletta, per farle sicura la strada. E poi gliele ha tolte, quando ha capito che nessuna strada è sicura davvero e le gambe devono farsi forti da sole; un uomo che ti porta all'altare e poi impara a camminarti dietro di un passo, senza farsi vedere, perché le presenze autentiche sono solide e non ingombrano. Quell'uomo che, per tutta la vita, racconti in due sillabe uguali, e ne accenti la coda alla fine, come in un guizzo di fulgida grazia che tende verso l'alto il suono più bello del mondo: papà.

Antonia Storace

sabato 10 ottobre 2015

Le strade di Roma sono pagine d'asfalto. Dichiarazioni d'amore, e di bombolette spray, ne vestono a tratti il manto bruno. E' come camminare sulle storie della gente, sopra i loro amori falliti, sopra le gioie strappate con i denti della non rassegnazione.
Ieri mattina, mentre passeggiavo in Via Cerveteri, il piede destro mi è finito sulla parola "ritroveremo".
Ritrovarsi è come trovarsi due volte. Concedere una possibilità di riscatto ad un verbo insoluto. Perché capita che trovarsi una volta sola non basti. E' necessario perdersi e poi incontrarsi ancora, dentro un verbo ostinato che non contempla la resa e, nei giorni difficili, sa amare e lottare più forte di tutti.
Il piede sinistro, invece, ha calpestato la parola "invincibile". Che non può essere vinto, letteralmente. Che non si da per vinto. Che non cede. Che non si piega davanti all'ostacolo. Un eroe moderno, dentro un mondo di cinici e disincantati.
Così, ieri ho camminato sopra una storia dura e difficile, che ha il coraggio di ritrovarsi e l'ardire ammirevole di impegnarsi ad essere invincibile.
Mi è sembrata una bella storia. Una di quelle che, almeno una volta nella vita, tutti abbiamo vissuto.

Antonia Storace
Copyright 10 Ottobre 2015