venerdì 21 agosto 2015

Incipit



L'ha scalciato via con la punta delle scarpe. Poi ha raccolto i capelli in una coda alta, altissima, ed è rimasta a guardarlo. Lo faceva sempre, quando voleva pensare, quando qualcosa le frullava nella testa troppo forte, troppo veloce. Si levava i capelli dalla fronte, Anita. Li tirava indietro, in un laccio di ordine e rigore, come se questo potesse aiutarla a scoprire gli occhi e guardare meglio il mondo.
E quando le è parso che il mondo fosse un po' più chiaro, è corsa a riprendere quel sasso bianco, piatto e liscio, perfetto per un lancio. Allora si è messa fronte al mare, Anita, ha flesso il polso e l'ha scagliato lontano, a pelo d'acqua, senza rimpianti. Ha fatto tre saltelli, il sasso. Tre cerchi pieni e tondi. Ed è colato a picco. Come il magone che Anita aveva in gola. E' colato a picco pure quello. Giù, giù, dentro lo stomaco. Ma è arrivato secondo, il magone. Prima di lui, dentro lo stomaco di Anita, c'erano già le sue paure, le sue vecchie insicurezze, quella tendenza scema a sentirsi piccola, a farsi un po' comandare la vita.
Il medico l'aveva chiamata "gastrite nervosa", come se le si fosse stressato lo stomaco invece del cuore. Anita le faceva scendere sempre più in basso del cuore le sue streghe dell'anima, così che non potessero infestarlo e lo lasciassero in pace, pulito e senza ombre. Una landa rigogliosa e deserta in cui stendersi di schiena, pancia all'aria, a guardare il cielo. Allora quelle oltrepassavano il cuore e finivano nello stomaco.
Perciò ha pianto, Anita. Per quel suo stomaco stressato e per il gran casino che c'era dentro. Ha pianto un pianto pulito e vero. Pieno di acqua e di sale, proprio come il mare quando ce l'hai di fronte.
Hai il mare in faccia, dopo un pianto così.

Giorgio si è messo alle sue spalle, le ha sciolto i capelli, lasciando che ricadessero liberi e disordinati. Come ad ordinarle: basta pensare. Poi l'ha presa per mano e le ha detto piano: "Vieni. Ti insegno a nuotare".

Antonia Storace

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